L’efficacia e la sicurezza delle ‘cure alternative’ per la salute cardiovascolare sono al centro di una ricerca della Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli e della Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica di Roma.
Lo studio ha esaminato 42 sostanze erboristiche molto usate da chi soffre di problemi cardiovascolari, dall’ipertensione al colesterolo alto, evidenziando come “tutti questi prodotti, di cui si hanno scarsi dati di efficacia e di sicurezza, possono interferire con i farmaci tradizionali e anche ridurre l’aderenza alle terapie convenzionali da parte dei pazienti che ne fanno uso”. Il verdetto è un ‘disco giallo’.
Il lavoro è stato pubblicato sul ‘Journal of the American College of Cardiology’ (Jacc) e condotto da un’equipe del Centro di medicina per l’invecchiamento, Università Cattolica, Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma (Rosa Liperoti, Davide Vetrano e Roberto Bernabei, direttore del centro), coordinato da Graziano Onder. “Lo studio – spiega Onder – è una revisione che riassume le evidenze sull’uso dei rimedi erboristici, come aglio, olio di lino, ginseng, te verde, soia, per il trattamento di malattie cardiovascolari, quali l’ipertensione arteriosa, la cardiopatia ischemica, lo scompenso cardiaco, l’ipercolesterolemia.
All’interno di un prodotto fitoterapico, derivato da una pianta – avverte – ci sono decine di molecole: alcune potrebbero essere efficaci per trattare una certa malattia, ma di altre non sappiamo l’effetto né i potenziali danni per la salute”. Negli Usa si stima che il 15-20% della popolazione faccia uso di fitoterapici e che una persona su 5 ne abbia fatto uso almeno una volta nella vita. Lo studio – spiegano i ricercatori – ha preso in considerazione 42 fitoterapici con potenziale indicazione per il trattamento di ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, cardiopatia ischemica, dislipidemia, arteriopatia periferica. Per i fitoterapici più frequentemente utilizzati sono stati riassunti i meccanismi biologici noti, le evidenze di efficacia e sicurezza ad oggi disponibili. Infine, è stato proposto un possibile approccio all’utilizzo di tali prodotti da parte del medico e del paziente. Secondo studi di laboratorio, la maggior parte dei fitoterapici ha dimostrato di poter influenzare i meccanismi biologici alla base delle malattie cardiovascolari attraverso per esempio un’attività di tipo antiossidante e antinfiammatoria. Tra i fitoterapici esaminati, l’olio di semi di lino, il cardo mariano, i semi d’uva, il tè verde, il biancospino, l’aglio e la soia potrebbero avere un’azione benefica sui livelli di pressione arteriosa e di lipidi nel sangue e sul controllo glicemico. Tuttavia – avvertono i ricercatori – tali benefici devono ancora essere confermati in studi clinici ampi e metodologicamente più adeguati rispetto a quelli disponibili. Rimane ancora completamente da stabilire se l’utilizzo di altre erbe quali l’astragalo, il ginseng e il ginkgo biloba possa conferire qualche beneficio in termini di riduzione del rischio cardiovascolare. “A oggi – afferma Rosa Liperoti – si può concludere che l’utilizzo dei fitoterapici per il trattamento delle malattie cardiovascolari non è supportato da adeguate evidenze scientifiche. I medici devono indagare l’uso di fitoterapici con i pazienti, poiché in molti casi l’utilizzo non viene neanche dichiarato, devono comunicare adeguatamente e discutere con chiarezza i possibili benefici e rischi connessi all’utilizzo di tali prodotti”. “Il messaggio, dunque, è che un rimedio o farmaco naturale non è necessariamente sicuro – sottolinea Onder -. In ogni caso è sempre importante informare il medico sull’uso di questi rimedi erboristici, in quanto il loro utilizzo può portare conseguenze negative per la salute”.